Roma (s)travolta da una montagna di rifiuti

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Il rifiuto della Giunta Raggi di approvare il bilancio della partecipata AMA, che ha in carico il servizio di raccolta rifiuti della città, potrebbe innescare un effetto domino nella gestione della Capitale d’Italia.

Wolfgang Goethe scriveva che “a Roma si trovano vestigia di una magnificenza e di uno sfacelo tali, che superano l’una e l’altro, la nostra immaginazione”. Sfacelo quello che potrebbe abbattersi su AMA, dopo la decisione della giunta capitolina di non approvare il bilancio della partecipata. Ma cosa sta succedendo? E come si è arrivati a questo? Proviamo a mettere insieme alcuni punti del doloroso rapporto tra l’Amministrazione e l’azienda della raccolta rifiuti.

Ama vanta 18 milioni di crediti nei confronti del Comune di Roma per servizi cimiteriali, svolti dal 2013 al 2016. Ma Roma Capitale, nel 2018, si rifiuta di riconoscere il credito perché ritiene che l’attività svolta sia stata carente e non sia stata adeguatamente documentata.

Il Dipartimento Ambiente Direzione Rifiuti, Inquinamenti e Risanamenti (ndr: diretto da agosto 2015 a maggio 2018 da un ex vigile poi divenuto dirigente del Comune di Roma, Pasquale Libero Pelusi, indagato dalla Procura di Roma per “multopoli” insieme ad altre 196 persone), nel periodo 2013-2017 non avrebbe, però, fatto nessun rilievo circa l’espletamento dei servizi cimiteriali da parte di Ama. Anzi, secondo alcune fonti, esiste una determina, del dipartimento Ambiente del novembre 2017, con cui si accerta e regolarizzano quei 18 milioni come maggiore incasso da parte dell’azienda Ama, rispetto al tetto dei 10 milioni previsto, per queste opere dal contratto che all’epoca era attivo.

In tutto questo si inserisce la delibera 259 del 31 dicembre 2018 con cui la Giunta capitolina prolunga il contratto di servizio della partecipata sino al 31 marzo 2019 e nella relativa relazione sullo stato delle aziende, di cui il comune è socio, si parla di una razionalizzazione del servizio entro il 31 maggio 2021.

Tenendo conto di questi fatti si ci chiede: se Roma Capitale riconoscesse il credito di Ama, si troverebbe un debito fuori bilancio che dovrebbe essere sottoposto al vaglio della Corte dei Conti? E tutte le eventuali responsabilità di tipo economico-contabili su chi ricadrebbero? A pensare male si fa peccato, come diceva Giulio Andreotti, ma spesso ci si indovina e forse Roma capitale non inviando il suo rappresentante nel CdA di Ama ne impedisce di fatto l’approvazione del bilancio evitando in tal modo che il suo debito sia “formalizzato” e probabilmente “salvando” il suo bilancio 2017.

Intanto un primo risultato c’è stato: le dimissioni dell’Assessore Pinuccia Montanari che dichiara “Ritengo di fatto del tutto ingiustificata la bocciatura del bilancio che getta un’azienda che dà lavoro a oltre 11.000 romani in una situazione di precarietà che prelude a procedure fallimentari”. Non solo gli operai sono in una situazione di precarietà ma tutta la città che da mesi vive una situazione di emergenza con cumuli di rifiuti in strada ed una raccolta differenziata ferma a circa il 40% e con il sistema del porta a porta che non funziona! Alle dimissioni dell’Assessore si aggiunge la criticità economica per AMA che dopo la bocciatura del bilancio 2017 dovrà affrontare il problema banche, che vantano importanti crediti e che potrebbero anche chiudere i rubinetti lasciando l’azienda in una profonda crisi di liquidità.

Cosa farà il Comune? Si apriranno per Ama le porte del concordato come per ATAC? E i cittadini romani cosa faranno? O per loro vale la frase di Ennio Flaiano “Roma ha questo di buono, che non giudica, assolve”?
(pubblicato su Tiscalinews 9 febbraio 2019)