Sabato 30 luglio è morto uno dei giornalisti più rappresentativi della stampa italiana:Giuseppe D’Avanzo. Oltre il dolore, forse parola eccessiva per chi non è stato un suo familiare o amico stretto, ma è quello che provo, la sua morte mi ha portato a fare delle riflessioni sul sentimento che pervade il nostro paese.
Su face book sotto la notizia della morte di D’Avanzo, qualcuno ha scritto: “mi unisco al cordoglio per il grande cronista. sarebbe bello poter pensare che sarà rimpiazzato da giovani talentuosi. Ma è difficile, non perché non ci siano i giovani talentuosi, ma perché sono strozzati, sottopagati e tenuti sott’acqua dai “grandi” editori. il che dovrebbe farci pena almeno quanto la morte di Giuseppe D’avanzo.”
Sulle pagine de Il Giornale , sotto l’articolo del collega Stefano Zurlo (che ha scelto di parlare non tanto dell’uomo ma della frattura tra guelfi e ghibellini di questa nostra Italia), sono apparsi una serie di commenti che riporto così come sono stati scritti: “Come ipocrisia vuole… i morti son sempre meglio da morti che da vivi. “ oppure “Ipocrisie melense. D’Avanzo era un pessimo soggetto, e l’unico vuoto lo avrà lasciato – forse – fra i pari suoi. Tutti peraltro ansiosi di riempirlo con uguali o maggiori veleni facendo a gara per chi ne sputa di più. Gentaglia da vivi, il sol fatto d’essere morti non è valida ragione d’un benchè minimo riscatto.” O ancora “Ekkisenefrega “ e per finire “In più occasioni ho commentato le iniziative di D’Azanzo . Parlarne male ora che è morto , non me la sento , sarà difficile scordarselo …………….ma farò il possibile.”
Ecco la nostra Italia è proprio divisa tra guelfi e ghibellini: o di qua o di là nessuna possibilità di capire, entrare nel problema. Una frattura insanabile ancor più di quella del dopoguerra. Una frattura fatta di odii e rancori. Di chi una volta è stato a sinistra ed ora si trova dall’altra parte e riversa su chiunque i propri malumori, i propri insuccessi, quello che non ha avuto e che avrebbe voluto.
Ma queste frasi rappresentano anche la pancia del Paese e non sono di persone semplici, cioè coloro che hanno poca cultura e scolarizzazione, ma di chi ha avuto non solo la possibilità di studiare e capire. L’odio e la rivalsa di parte non servono all’Italia, non servono alla sua crescita e al superamento di questa crisi brutale che l’assale. Essere divisi da un’idea politica non deve significare la mancanza delle basi elementari della vita civile. Siamo comunque il paese dove un signore di 71 anni per una lite ad un semaforo ha ucciso brutalmente uno scooterista passandogli sopra due volte con la scusa che “avevo perso la testa”.
E quello che vediamo nelle nostre strade non è altro che il tipo di atteggiamento che troviamo in Parlamento o in televisione.
Scrivendo questo mi viene in mente l’immagine di Giorgio Almirante che rende omaggio al feretro di Enrico Berlinguer a Botteghe Oscure. Una società civile nasce da questi gesti.
(pubblicato su www.malitalia.it)