Tiberio Bentivoglio arriva con la sua scorta. E’ un signore distinto con un bel vestito grigio. L’aria serena. Ma appena iniziamo a parlare della sua storia senti la passione e l’amarezza fondersi insieme.
E’ un testimone di giustizia da 22 anni. Ha subito incendi,attentati e un tentato omicidio che gli è valso la “tutela” di due carabinieri, “ h24”, come dice lui.
La sua attività sta fallendo,ha licenziato i suoi dipendenti, il suo fatturato è diminuito del 75%.Nessuno acquista più nella sua sanitaria anche perché lui non può più comprare. Nel suo quartiere la gente si chiude dietro le finestre quando vedono passare la macchina dei carabinieri che va da lui. E alcuni sputano per terra, al suo passaggio. Un gesto di disprezzo. Ma lui dice “ Io ho tanta voglia di cambiamento perché quello che è successo a me non deve succedere ad altri. Occorrono leggi che sostengano i testimoni di giustizia,chi è in trincea. In ogni guerra che si rispetti c’è un ospedale da campo per i feriti. E anche noi, feriti dalle mafie, abbiamo bisogno di un ospedale da campo dove venire ricoverati quando subiamo incendi,attentati, quando veniamo distrutti psicologicamente. Dobbiamo essere curati per tornare in trincea. Ma noi non abbiamo nessun ospedale da campo. Bisogna smettere di pagare il “pizzo” ma quando vado dai miei colleghi loro mi dicono “non voglio fare la tua fine, continuo a pagare”. Abbiamo bisogno di aiuto per sconfiggere le mafie. Le leggi vanno cambiate in fretta, ne vanno fatte di nuove. Non si può aspettare un solo minuto. La velocità delle mafie è supersonica, lo Stato è lento. Le mafie non hanno bisogno di camminare armate o di usare il tritolo. Alle mafie basta una penna in tasca o una scrivania del potere e dettano le leggi. Io ho fatto questa scelta per dignità. Se avessi pagato il pizzo come avrei potuto guardare in faccia i miei figli? “
Ma la sua famiglia, i suoi figli cosa dicono?
“ I miei stanno in silenzio. Soffrono e piangono. Spesso non servono le parole. Il più grande dolore è che devo spiegargli che questa è la strada giusta. Non bisogna pagare ma costa tanto. Psicologicamente, finanziariamente. Io ho perso tutto ma rifarei questa scelta anche se dolorosa e sofferta. Ma il governo ci deve aiutare. Vi chiedete mai perché le vittime di mafie sono tutte combinate male? Bisogna cambiare….”
E intanto, a 5 giorni dalla scadenza della sospensiva firmata dalla procura di Reggio Calabria, Equitalia ha inviato l’avviso di vendita all’asta della sua casa. Lui che si è autodenunciato per non poter pagare i contributi, con amarezza, dice “La casa di un testimone di giustizia, di chi sta dalla parte dello Stato andrà ad un mafioso, ad un pezzo di malacarne”.
E lancia una proposta, lui che si è visto chiedere ben 3000 euro mese per l’affitto di un bene confiscato alla ‘ndrangheta e chiuso da dieci anni, “perché lo Stato non concede i beni confiscai a chi è vittima della mafia, effettivamente riconosciuto come tale, e non solo ad Associazioni,Enti,Istituzioni? Sarebbe uno scacco ai mafiosi…Vedete i vostri beni finiscono nelle mani di chi sta dalla parte dello Stato. Di chi non paga il pizzo, di chi vi ha detto di no. Sarebbe un segnale forte”
(pubblicato su www.malitalia.it)