Oggi è la Giornata internazionale di lotta alla povertà e scopriamo che gli italiani poveri che hanno chiesto un pacco alimentare o un pasto gratuito, ai canali no profit che distribuiscono le eccedenze alimentari, sono aumentati per effetto della crisi ed hanno toccato quota 3,3 milioni (i dati sono Coldiretti/Agea). Un allarme che si estende a tutti i Paesi ricchi dove negli ultimi 3 anni le persone che non hanno disponibilita’ di cibo sufficiente per alimentarsi correttamente sono aumentate del 7 per cento, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Fao relativi al triennio 2010-2012 rispetto al triennio 2007-2009.
”Un andamento che ha contribuito a far crescere nel triennio il numero totale di affamati nel mondo a 868 milioni, nonostante – precisa la Coldiretti – sia rimasto pressoche’ stabile nei paesi piu’ poveri. La spesa alimentare e’ il problema principale che devono quotidianamente affrontare le famiglie povere in Italia”. E altro dato importante è che la stragrande maggioranza dei poveri (circa il 69 per cento) ha modificato anche quantita’ e/o qualita’ dei prodotti acquistati.
La fotografia di un’Italia che fatica ad andare avanti e soffre è nel Rapporto povertà 2012 curato dalla Caritas, nel quale si specifica che gli aumenti più consistenti riguardano le casalinghe(+177,8%), gli anziani (+51,3%) e i pensionati(+65,6%). Le richieste di aiuto sono per lo più legati a povertà economica, lavoro e casa.
Ma la crisi si tocca con mano facendo un giro nei Compro oro che oramai invadono le città, si permettono cartelli pubblicitari enormi e ovunque, nelle metro sugli autobus. Negozi che poi, nella stragrande maggioranza,fanno capo al crimine organizzato l’unica ad avere una disponibilità di cash flow da far impallidire anche le banche.
Ma che la vita sia diventata difficile e che siamo veramente arrivati a “raschiare il fondo del barile” ce lo dice la moltitudine di persone che affolla il salone del Monte di Pietà a Roma, proprio dietro Campo dei Fiori nel cuore della città, il più antico dei sette presenti nella capitale.
Questa è la zona dei negozi, dei turisti.Una zona sempre affollata. E qui in una piazzetta c’è l’edificio del Monte dei Pegni gestito da Unicredit. In questo palazzo dopo la guerra sono passate intere famiglie in difficoltà. Poi sembrava che non ci fosse più bisogno di impegnare. La società era cambiata, c’erano i soldi, i prestiti in banca e il Monte sembrava un’istituzione destinata solo ai poveri, agli emarginati.Un vecchio ricordo sbiadito della povertà che fu.
Adesso a salire quelle scale arrivano in tanti. Una delle operatrice dice che il lunedì e il venerdì sono i giorni di maggior affluenza. La Banca d’Italia ha stimato una media di 30.000 prestiti su pegno al mese. La dimesione del fenomeno è difficile da misurare oggi, nel 2009 il volume d’affari era di 320milioni di euro!
Il salone, che circa 50 posti a sedere è pieno, la gente è anche in piedi. Lo sportello apre alle 7,40 di mattina e alle 9,00 ci sono già un centinaio di “clienti”.
Marito e moglie siedono in fondo alla sala. Ben vestiti, silenziosi.Lei stringe la borsa in cui c’è il pegno. Il marito la guarda un po’ assorto. Sono sicuramente pensionati ma non da pensione sociale, sono clienti. L’operatore li chiama per nome.Lei si alza, il marito gli toglie la giacca e si risiede.Perchè è lei ad andare ad impegnare.
Poi c’è la signora della upper class ( come si direbbe a New York). Tailleur grigio di sartoria, impermeabile, capello fatto. Si sente un po’ fuori luogo ma questa è l’unica soluzione che ha. Aspetta anche lei il suo turno.
Poi c’è la signora che gioca con l’iphone e sbuffa un po’, c’è troppa fila! Più in là un signore con l’Ipad che deve rinnovare una polizza. Ha già impegnato il possibile e ora cerca di allungare i tempi per poter recuperare qualcosa. C’è il ragazzo che impegna il bracciale d’oro e l’uomo di mezza età con l’argenteria di casa.
Alle 12 in quella sala ci sono oltre 100 persone. Lo sportello chiude alle 14,30 e tutti sperano di farcela prima di quell’ora altrimenti bisognerà tornare domani mattina e risalire quelle scale. Ma meglio quello che andare a vendere tutto dai compro oro che pullulano lì intorno. Si esce con la speranza che fra sei mesi si risaliranno quelle scale per riscattare una collana, un ciondolo. Magari il ricordo di una vita.
(pubblicato su www.malitalia.it e www.malitalia.globalist.it)