Algeria, Tunisia, Egitto e adesso la Libia. Un fiume in movimento e come dice Cherifa Boutta, psicologa da Algeri, “cerca la democrazia, la libertà da sola non c’è nessuno che è venuto ad esportare la democrazia”. E il pensiero corre inevitabilmente alla guerra in Iraq e alle ragioni addotte da Bush per quella guerra. Parole e sensazioni di due donne, professioniste e cittadine attive, come Cherifa Boutta, dall’Algeria, e Souad Tikri, dalla Tunisia che a Roma, alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, hanno raccontato e spiegato cosa vuol dire vivere in questi paesi.
Donne uomini e bambini in piazza per chiedere ai tiranni di andare via. Tunisia e Egitto hanno cacciato i loro anche se la transizione sarà dura e non senza ripercussioni e colpi di coda. Per l’Algeria è ancora molto difficile la polizia è ancora molto forte.
Ma adesso si muove anche la Libia. Lì dove sembrava impossibile contestare Gheddafi, capo indiscusso despota e dittatore. Ma la gente sembra non avere più paura o meglio la disperazione, la fame, la frustrazione sono più forti della paura ed allora in strada anche se la polizia ti carica e ti spara addosso.
E la polizia è forte e determinata soprattutto in paesi come l’Algeria dove come ha detto la Boutta “il sistema politico è un sistema mafioso, di intrecci di interessi”. Le donne sono state il motore di queste battaglie e anche loro sono scese in piazza per la dignità, l’uguaglianza e la giustizia. L’altra grande arma è stata face book. Le riunioni, le piazze, le marce sono tutte state convocate via internet ( in fatti in Egitto per giorni lo Stato ha chiuso i canali internettiani)
E poi c’è lo Yemen e ancora non si sa bene cosa sta succedendo a Sanaa. Ma la fascia del Mediterraneo sino al Medio Oriente sono una bomba pronta ad esplodere con i siriani che saranno nel mezzo e con Israele che già si prepara a fronteggiare l’Iran che oggi ha spedito navi da guerra, attraverso il canale di Suez, verso il Mediterraneo. La guerra all’Iraq, e quindi il cambiamento di equilibri di allora, incomincia a dare i suoi frutti. L’area è stata martoriata da una guerra che dura da troppo tempo, che ha aperto nuove strade al terrorismo e a gruppi imprenditoriali e finanziari che hanno a cuore solo i loro interessi e non gli equilibri mondiali.
La stabilità di un’area da sempre in tempesta, è oramai fragilissima e noi siamo di fronte a tutti questi paesi. Da noi arriveranno i profughi e già si vedono i primi segnali. La caduta di dittature porta sempre con sé un’ondata di emigrazione forzata basti ricordare l’Albania e la fine della dittatura di Enver Hoxa che nel 1991 portò circa 30000 profughi sulle coste pugliesi. Dobbiamo essere pronti e capaci di assistere queste persone e non solo gridare all’allarme e dire che l’Europa ci ha lasciati soli. Il problema è politico e il Ministro dell’Interno, Maroni, lo sa benissimo e sa benissimo che l’Italia ha un “trattato di amicizia” con la Libia che pone ben altri problemi. Ci sono accordi economici importanti dietro quell’accordo ( dal gas, alle grandi opere) e questo ci stritola tra quella che sarà la volontà dell’Europa e le richieste “dell’amico Gheddafi”, quello che è venuto a piantare la sua tenda sfilare a Roma con i suoi cavalli berberi.