Con un piccolo comma nascosto nel DDL stabilità il Governo toglie i soldi agli agenti della Direzione Investigativa Antimafia. Depotenziare e poi chiudere è questa la paura di chi ci lavora.
“Sull’antimafia il Governo lascia cadere la maschera. La scelta di sopprimere dal 2012 il trattamento economico accessorio per il personale della Direzione investigativa antimafia è gravissima ed è destinata a segnare la fine di questo importante strumento antimafia pensato e voluto da Giovanni Falcone. I tagli alla DIA, aggiunti a quelli imposti a forze dell’ordine e magistratura, compromettono fortemente l’efficienza del contrasto alle mafie” dice Laura Garavini, capogruppo Pd in Commissione Antimafia.
La DIA (Direzione Investigativa Antimafia)nasce, su volontà di Giovanni Falcone, nell’ambito del Dipartimento della Pubblica Sicurezza con la legge 30 dicembre 1991, n. 410. Sul sito del Ministero si legge :” è un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all’associazione medesima. In particolare, le attività di investigazione preventiva sono finalizzate a definire le connotazioni strutturali, le articolazioni e i collegamenti interni ed internazionali, gli obiettivi e le modalità operative delle organizzazioni criminali. Sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, il Ministro dell’Interno riferisce, ogni sei mesi, al Parlamento. Al vertice della D.I.A. è preposto un Direttore, scelto a rotazione tra i Dirigenti della Polizia di Stato e gli Ufficiali Generali dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, che abbiano maturato specifica esperienza nel settore della lotta alla criminalità organizzata.”
Ma perchè tanto allarme e tanto rumore sulla DIA in questi giorni?
Il sindacato SILP CGIL nei giorni scorsi ha fatto sentire la sua voce con un presidio a Piazza delle Cinque Lune , a Roma, a qualche metro dal Senato perché, come ci racconta un agente della DIA, vista l’ordinanza di Alemanno dopo i fatti del 15 ottobre nel centro di Roma non è possibile manifestare né avere un presidio. E così loro hanno trovato spazio nella piazza vicina, guardati a vista da loro colleghi in tenuta antisommossa. E da martedì prossimo ci ritorneranno in attesa che venga discusso,l’articolo 4 comma 21 del DDL 2968.
Quell’articolo prevede la cancellazione del trattamento economico accessorio,stabilito per legge (che va dai 200 ai 500 euro a seconda della qualifica ) , che rappresenta un taglio di circa il 20% dello stipendio base di un agente (tra i 1400 e i 1800 euro). Il totale ammonta a circa 13 milioni di euro. La DIA nel 2001 aveva uno stanziamento di 28 milioni di euro, nel 2011 sceso a 19,5 di ci sono stati versati solo 15 milioni. Insomma il tentativo di depotenziare la struttura economicamente evidente.
Fabio Falcone, segretario regionale della SILP CGIL, non ha dubbi sulla volontà di “chiudere” la DIA e parla con amarezza di un governo che ha fatto della sicurezza il suo cavallo di battaglia e dice dovrebbero “Promettere meno per essere più credibili” (frase di Alcide De Gasperi). Eppoi continua quasi come un fiume in piena “Noi siamo una struttura che rappresenta un risparmio, riuniamo tre forze di polizia. Una volta magari sullo stesso caso si incontravano anche 15 uomini e in qualche caso non si capiva se davanti avevi il mafioso che cercavi o magari un collega. Ma nel tempo tutto questo è stato e viene dimenticato. E così pian piano si sono delegati a società esterne alcuni dei servizi che noi effettuavamo (es. posizionamento cimici, strumenti per intercettazioni). Abbiamo fatto un conto, quello semplice della casalinga con la spesa: è risultato che l’affidamento all’esterno ha portato a lievitare i costi di 10 volte. Ogni volta che abbiamo fatto notare questa cosa veniamo tacitati perché quei soldi non escono dal Ministero dell’Interno ma da quello della Giustizia, Ma, scusate, non paga sempre il nostro Stato? In più può capitare, per esempio, che siano messe delle cimici in casa di un criminale. Questa persona se ha dubbi chiede ad una struttura qualificata di bonificargli la casa e spesso la struttura a cui si rivolge è la stessa che gliele ha messe! Sicuramente sono tutte società serie ma perchè non possiamo fare noi quello che è sempre stato il nostro lavoro? Perché lo Stato deve pagare noi e strutture private? Che poi si voglia, in qualche modo, depotenziare e chiudere la DIA lo vediamo anche dall’investimento nelle nuove tecnologie. Nel 94/95 si spendeva (facendo il raffronto con le lire) circa 1 milione di euro, Questo anno ne sono stati investiti solo 10 mila.”
La scorsa settimana hanno portato all’attenzione della stampa estera il problema e dice Falcone “i giornalisti stranieri hanno capito benissimo quali sono i nostri dubbi e le nostre perplessità”. Con loro anche Luigi de Ficchy, procuratore di Tivoli, Roberto Centaro, senatore di Grande Sud e Rosa Calipari, deputata del Pd.
Falcone continua” Da martedì saremo ancora dinanzi al Senato aspettando che si discuta il comma che riguarda il trattamento economico transitorio, ma noi vorremmo che alla DIA venissero dati gli uomini di cui ha bisogno (da 1500 a 3000) con provenienza da ROS,SCO e GICO e che fosse svincolata dal Dipartimento dell’Interno e posta direttamente sotto la DNA (Direzione Nazionale Antimafia).”
Richieste difficili in tempi di vacche magre ma soprattutto difficili perché darebbero un ruolo e un’indipendenza troppo “vistose” ad una struttura che nel tempo, con le sue operazioni, ha dato fastidio a molti.
Difficile anche perché al Dipartimento si aspetta la sentenza della Cassazione per i funzionari condannati per il G8 e perchè si è sentita molto la mancanza del Prefetto Manganelli, Capo della Polizia, assente per questioni private, tornato a pieno regime al suo posto ma che deve, sicuramente, riprendere le fila della situazione.
Gli uomini della DIA chiedono di essere ascoltati, non vogliono lasciare il loro lavoro. Ma si sentono abbandonati proprio da quello Stato che hanno scelto di servire.
(pubblicato su www.malitalia.it e su www.lindo.it)