La spiaggia di Mazzaforno, vicino a Cefalù, è una spiaggia come poche, nel senso che la natura si è particolarmente impegnata nel farla bella, ma è una spiaggia come tante: fra lattine, cartoni e materassini abbandonati, ogni mattina d’estate assomiglia a una discarica. Una di quelle spiagge in cui i bagnanti arrivano, guardano, si adeguano. Nel peggiore dei casi gettano qualcosa sulla sabbia anche loro. Nel migliore borbottano: contro gli spazzini che non spazzano, i poliziotti che non puniscono, i politici che se ne infischiano. E i tempi – oh, i tempi! – che non sono mai quelli di una volta. Succede così pure a Mazzaforno. Soltanto che lì c’è la signora Grazia. Che non si adegua e non borbotta. Ma ogni mattina d’estate china la schiena e, munita di guanti e sacchi neri, incomincia a raccogliere le tracce della maleducazione altrui.
Perché lo fa? Abita poco lontano e la spiaggia di Mazzaforno è l’angolo di terra che le è stato affidato. Certo gli spazzini, certo i poliziotti, certo i politici: per non parlare dei tempi. Però a lei le colpe del mondo non sembrano una buona ragione per limitarsi a denunciarle senza fare niente. Lei fa. Quel poco che può, che poi è tanto, è tutto, perché chi pulisce davanti a casa propria, dice il proverbio, è come se pulisse il mondo intero. Grazie di esistere, Grazia. E grazie a Elisabetta e Giovanni, i lettori che mi hanno raccontato questa piccola, infinita storia di un’Italia che si rifiuta di deprimersi ed è ancora capace di reagire.
Pubblicato su La Stampa del 26 agosto 2010