Al primo posto, per contagi e decessi, sono gli Stati Uniti d’America seguiti dal Brasile di Bolsonaro che negli ultimi tre giorni ha avuto un record di decessi e secondo alcuni studi arriverà ad 1 milione di contagi e 50mila morti entro il 20 giugno.
I dati della Johns Hopkins University sulla diffusione della pandemia da Covid-19 fotografano un situazione dove i contagiati sono circa 7 milioni di persone (su una popolazione mondiale di oltre 7 miliardi) e dove i morti, a livello globale, superano i 400 mila. Al primo posto, per contagi e decessi, sono gli Stati Uniti d’America seguiti dal Brasile di Bolsonaro che negli ultimi tre giorni ha avuto un record di decessi e secondo alcuni studi arriverà ad 1 milione di contagi e 50mila morti entro il 20 giugno sarà però difficile tracciarli perché da martedì il governo Bolsonaro ha deciso di non fare più un report giornaliero. La decisione è stata avversata dal Giudice della Suprema Corte, Gilmar Mendes, che ha dichiarato “La manipolazione delle statistiche è una manovra da regime autoritario. È un modo per nascondere i numeri del Covid-19 e ridurre il controllo sociale e le politiche sanitarie”.
D’altra parte qualche giorno fa Bolsonaro ha detto che è “dispiaciuto per chi non c’è l’ha fatta ma che in fondo dobbiamo morire tutti”. Una dichiarazione che rende, in modo, chiaro la posizione del Presidente sudamericano, un clone di Trump, che attacca l’OMS perché in combutta con la Cina e chiede ai suoi cittadini di andare comunque a lavorare perché non ci sono i soldi per pagare la disoccupazione.
Errori, disinformazione, ritardi
La situazione della pandemia è gravissima: errori, disinformazione, ritardi e superficialità questi i fattori che hanno portato a questo momento epocale. La scrittrice cinese Fang Fang , nel suo “Whuan diario da una città chiusa”, scrive ”ma come siamo arrivati a questo punto? Nella prima fase dell’epidemia i funzionai i Whuan non hanno preso seriamente il virus…l’atteggiamento dei funzionari dell’Hubei rispecchia quello di molti altri dirigenti politici cinesi, in pratica sono tutti uguali. Quando il mondo dei burocrati non è sottoposto al processo naturale della competizione si arriva al disastro, proibire alle persone e ai media di raccontare la verità conduce al disastro”. Le parole di Fang Fang non volevano e vogliono essere un’ulteriore freccia nella faretra di Trump contro la Cina ma uno spunto di riflessione su questa pandemia che ha colpito in maniera globale tutti, anche chi all’inizio si pensava immune da tale contagio! E lo dicono i numeri.
Superficialità, ritardi, omissioni che pesano anche sulla situazione in Africa dove i numeri dicono poco della situazione del continente. Il lockdown è operante in quasi tutti i Paesi, i dati sono quelli che ufficialmente arrivano all’OMS e non sono altissimi. Uno dei motivi, accettato anche dall’organizzazione mondiale della sanità, è che molti casi potrebbero non essere riconosciuti come tali, o perché paucisintomatici o perché non sottoposti a test specifici. La malattia è riconosciuta in 40 paesi mentre all’inizio del 2020 erano solo 2 (Sud Africa e Senegal).
La situazione africana
Il professor Aldo Morrone, direttore scientifico del San Gallicano di Roma, ci fa un quadro della situazione africana molto complessa:” L’Africa è sempre stata abbandonata al proprio destino, ha avuto diverse infezioni come l’ebola e zika, che ha anche oltrepassato l’Oceano, ma in questa battaglia è stata lasciata sola così come nelle infezioni degli insetti come la malaria (400mila morti lo scorso anno) o la leishmania. Ci sono centinaia di milioni di casi e migliaia di decessi che sono passati sotto silenzio in Occidente, convinti che queste malattie non arrivassero mai in Europa o negli Stati Uniti.
Dramma delle locuste
Qui c’è il dramma delle locuste, in alcune aree tra la Somalia e l’Eritrea e Gibuti e nel Sud Sudan c’è una vera e propria distruzione di campi che mette ancora più in ginocchio queste popolazioni.” A questo va aggiunta l’epidemia di morbillo in Congo, Ciad E RCA (Repubblica Centro Africana) e altri fattori che gravano sulla pandemia da Covid-19 e che forse diventeranno le cause principali di morti: 9,4 milioni di africani sono HIV positivi; 60 milioni di bambini soffrono di malnutrizione cronica. A questo aggiungiamo che il 43% della popolazione africana (circa 560 milioni di persone) vive in aree urbane e circa la metà della popolazione urbana in Africa vive in sobborghi malsani, sovraffollati, con accesso all’acqua corrente scarso e irregolare senza servizi igienici e con l’impossibilità del distanziamento sociale.
I conflitti armati
In una ventina di Paesi africani ci sono conflitti armati e/o forti tensioni sociali, che fanno sì che in Africa 6,3 milioni di rifugiati e 17,7 milioni di sfollati vivano in campi sovraffollati. A questo aggiungiamo la fragilità delle strutture sanitarie e forte carenza di letti per la terapia intensiva (una media di 0,54 per 10.000 abitanti in Africa da confrontare con circa 40 per 10.000 abitanti in Italia).
Nessun censimento
E, aggiunge il professor Morrone, la difficoltà maggiore è data dal fatto che non è possibile fare un censimento reale delle persone soprattutto nelle aree rurali dei vari paesi africani. I dati quindi sono relativi e soprattutto si morirà “per denutrizione” ancor più che per le malattie. Le persone per il lockdown non si possono muovere e quindi non possono cercare cibo. I bambini non vanno a scuola e quindi rinunciano all’unico pasto certo che avevano. In alcuni paesi il lockdown è inoltre un’arma per i governi dittatoriali che possono così “gestire” in maniera indisturbata i propri territori.
Non si usano mascherine
Non tutti gli stati hanno adottato gli stessi metodi per la pandemia per esempio in Nigeria c’è un coordinamento nazionale per il 36 stati ma non in tutti è totale. In alcuni è parziale, i mercati sono aperti 2 o 3 giorni a settimana. Non vengono rispettate le distanze sociali non si usano mascherine. Ezenwo Wike, il governatore dello River State, è sceso in strada per arrestare le persone che non rispettavamo il lockdown.
I divieti interni
Sono vietati gli spostamenti interni tra i vari stati ma il governo nigeriano non ha nessuna roadmap per far ripartire il Paese come ci conferma Leo O. Okoroafor, architetto e project manager bloccato in Nigeria dai primi di marzo: “l’impressione è che il base sia in standby in attesa di vedere come evolve la situazione in Europa, America così da replicare le stesse misure. Quindi la Nigeria dipende da ciò”. In tutto questo il maggior partner del continente africano, soprattutto della costa ovest, cioè la Cina, dopo essere “scomparso” all’inizio della pandemia, è tornato in grande stile con aiuti, denaro, supporto ed è nuovamente il principale attore del continente africano.
(pubblicato su Tiscalinews 8 giugno 2020)