Il patriarca maronita Bishara Rai ha riunito il consiglio dei patriarchi cattolici e ortodossi e ha invitato il presidente della Repubblica, il maronita Michel Aoun, ad “assumere le necessarie decisioni riguardo alle richieste della gente”.
“Il popolo ha ragione a manifestare per esprimere il proprio dissenso sulle scelte politiche che negano anche i diritti minimi. Basta con le promesse, e’ tempo di fatti concreti”. Queste le parole di Padre Paul Karam, presidente di Caritas Libano a cui fanno da eco quelle del patriarca maronita Bishara Rai che ha riunito il consiglio dei patriarchi cattolici e ortodossi e ha invitato il presidente della Repubblica, il maronita Michel Aoun, ad “assumere le necessarie decisioni riguardo alle richieste della gente”. I patriarchi hanno denunciato “la deviazione e la corruzione” del sistema politico.
L’esercito è intervenuto a Beirut, Sidone, Tiro ma le strade e le piazze sono comunque piene di gente. A Roueisset, periferia della capitale libanese, le Suore del Buon Pastore hanno un dispensario che ogni anno offre cure e medicine gratuite a oltre 21mila persone. È uno di quei luoghi dove è più facile capire cosa sta succedendo in Libano.
Suor Antoinette parla “ dell’economia che è ai minimi, il 40% dei giovani non ha lavoro, forse anche di più di questa percentuale. La gente vuole un nuovo governo più onesto e trasparente”. Ma la lotta di questi giorni è anche per la dignità delle persone come racconta Rima Karaki, giornalista conduttrice televisiva.
–Rima qual è il tuo punto di vista sull’attuale situazione in Libano?
Prima di tutto questa è la rivoluzione della “dignità” e della “integrità”, prima ancora che delle richieste economiche. Noi viviamo sotto il potere di “una banda di ladri”, una mafia, mascherata sotto un altro nome o titolo sporco come l’originale “protettori di sette”. Ci hanno diviso per rubare meglio,e questo è andato avanti per molti anni. I politicanti in Libano sono come i “ladri”, “re del crimine di ogni sorta”: affari sospetti, rapina del paese drenando risorse per arricchire se stessi,ruberie con il risultato di un inimmaginabile disoccupazione,povertà, repressione e chissà cosa altro può accadere!
La corruzione non è molto diversa da un oppressore che occupa il tuo paese ma a differenza di questo è più feroce…Tutte e due lo distruggono ma mentre l’identità dell’oppressore è chiara, la corruzione è la traditrice della nazione e merita la prigione! I politici libanesi non hanno avuto pietà di noi, hanno preso tutto in nome della “protezione della setta”. Hanno piantato il seme dell’odio tra le persone nella stessa nazione, suddividendone le risorse e la ricchezza e riducendo in frantumi i nostri diritti. Hanno condannato i nostri bambini e gettato nella disperazione la nostra gioventù. Sono l’espressione peggiore della corruzione! Noi li odiamo tutti e ci devono ridare ciò che ci hanno tolto. Questa è una rivoluzione per la dignità!
– Rima perché il popolo è sceso in piazza ora?
Perché loro non potevano ridere ancora del popolo, perché la gente è consapevole dei propri interessi e di quelli della loro patria, perché hanno pagato un prezzo esorbitante per la propria sussistenza, perché hanno sacrificato la loro vita per andare dietro questi criminali. La pazienza è finita e non abbiamo più nulla da perdere. Il Libano non può vivere nell’ombra del settarismo che è l’arma della sopravvivenza dei ladri al potere.
– Rima quali sono le prospettive della protesta?
C’è la grande speranza che si posso arrivare ad una revisione della legge e della costituzione e abbiamo fede di costruire una “vera “ nazione! Una patria. Le parole di Rima Karaki non sono molto diverse da quelle di Padre Paul Karam “Il Governo ha il dovere e la responsabilita’ ultima di operare riforme e cambiamenti per dare risposte concrete al popolo”
Ma Padre Karam si rivolge anche alla gente “ il popolo, a sua volta, deve essere fedele alla sua storia e non lasciarsi andare in atteggiamenti violenti, facilmente strumentalizzabili”. E lancia un appello alla comunità internazionale richiamandola ad un sostegno deciso del Libano soprattutto nell’accoglienza dei rifugiati siriani (1,5 milioni) e “non restare a osservarlo mentre brucia”.
(pubblicato su Tiscalinews del 24 ottobre 2019)