Se fare giustizia costa

La cricca del G8. Gli appalti per l’Expò 2015 e quelli per i mondiali di nuoto. Ma anche gli appalti del terremoto dell’Irpinia del 1980. Gli appalti della Salerno Reggio Calabria ma anche quelli della piccola statale in Basilicata o nel nord della Lombardia.

Gli appalti per gli inceneritori o anche quelli delle mense scolastiche. Uguale la corruzione, uguali i meccanismi. Qualche volta più rozzi, qualche volta più raffinati.

Tangentopoli è servita per “rodare” la macchina degli appalti, per affinare le tecniche a partire dai bandi per le gare. Si sono studiate le griglie, le normative della comunità europea. E , come sempre in Italia, fatta la legge si  è trovato l’inganno.

E qualche volta l’inganno viene aiutato dalle normative nazionali come quella appena introdotta dell’aumento del tetto relativo alla trattativa privata negli appalti pubblici (ci si propone di passare da 500.000 a 1,5 milioni di euro così come esplicitato nel ddl da approvare in Senato, già approvato alla Camera). Tutto aiutato, forse anche dalla crisi economica  in atto, di decidere le gare basandosi sul criterio del massimo ribasso anche se poi nel bando si parla di offerta tecnica, di struttura aziendale.

Questo  il terreno degli appalti pubblici. Una volta erano i cartelli di imprese che decidevano il ribasso, che era minimo; e si spartivano territori e soldi.

Oggi la pratica richiede anche un po’ di abilità nel costruire l’offerta, nello scrivere una scheda tecnica tanto da far si che la commissione giudicatrice possa dare i punti necessari ed evitare ricorsi e grane di qualsiasi genere.

Ma forse sarà la crisi, forse questo spudorato senso di essere al di sopra di tutto che pervade gran parte della nostra Italia, forse sarà l’arroganza o forse anche un po’ di stupidità per cui si assiste sempre più spesso a qualcosa che se non fosse devastante per la nostra economia e per il lavoro potrebbe anche sembrare la commedia degli equivoci.

Vogliamo raccontarvi la storia di un appalto senza voler esprimere giudizi anche perché  il TAR, dopo aver negato la sospensiva, adesso vuole entrare nel merito.

L’inizio: la Regione Abruzzo indice una gara da 125000,00 euro per “la realizzazione di un nuovo claim, supporto di prodotti grafici e multimediali e proposta di piano mezzi per campagna pubblicitaria”. Attenzione però perchè questa gara, che tutto sommato sembra molto piccola, è  propedeutica ad un impegno, della Regione, per una campagna pubblicitaria tra i 1.300.000,00 e 1.600.00,00 euro. Attenzione perchè questo  è un meccanismo molto diffuso proprio per sottrarsi ad una gara ufficiale ed  un modo perchè chi ha poi vinto la gara dell’importo inferiore possa avere direttamente quella di  importo superiore. I partecipanti alla gara in questione sono 12 .

I criteri di valutazione erano 70 punti per l’offerta tecnica (composta da 40 punti per coerenza della strategia, 20 per il piano mezzi e 10 per la qualificazione e quantificazione del gruppo di lavoro) e 30 per quella economica ( e i punti, in questo caso, sono attribuiti con una formula matematica che privilegia il massimo ribasso).

 Ma cosa accade?

Accade che la prima classificata vince per 10,45 punti sulla seconda ( e con un ribasso del 44%) la quale decide di andare a leggere i verbali della Commissione e qui le cose si complicano perché, per dirla chiaramente, le gare si vincono proprio sui punteggi e se c’è la possibilità, diciamo, di “parlare” con la commissione si sa su quale punto ci si aggiudicherà l’appalto. Questo però richiede che tutto il meccanismo sia perfetto. In questo caso deve essere sfuggito qualcosa ai membri della Commissione poiché  leggendo gli atti si nota come ad un punteggio massimo, per la società che poi ha vinto, corrisponda un giudizio negativo. Ci sono discordanze tra le tavole presentate e le valutazioni  In una tavola si fa esplicito riferimento ad un’altra regione (facendo desumere ch il piano era già stato presentato per altra gara). Forse c’è stata una violazione della par condicio di gara, una violazione dei criteri di interpretazione delle offerte in relazione all’oggetto della gara. Forse.

Ora  è tutto in mano al TAR che deve entrare nel merito. Per fare questo la seconda classificata ha dovuto sborsare 4000 euro,oltre le spese legali ( e questo perché  la manovra finanziaria ha raddoppiato il costo del contributo unificato e pensare che nel 2009 lo stesso contributo era di 500,00 euro!).

Si potrebbe ricorrere anche al Consiglio di Stato senza attendere il TAR ma ci vogliono altri 4000,00 oltre le spese legali e comunque occorrono almeno 2 mesi per avere una sentenza ed  più o meno il tempo che occorrerà al TAR per entrare nel merito.

Nel frattempo la ditta aggiudicatrice potrà firmare il contratto, iniziare i lavori ed essere pronta per il successivo step della gara più corposa.

Conclusione: cosa succederà se chi ha fatto ricorso avesse ragione? Il contratto firmato dall’attuale aggiudicataria sarà valido?

Una riflessione amara: siamo in un momento storico dove la presupponenza della propria forza pensa di poter schiacciare chiunque e anche di rendere la verità un optional. D’altra parte è sempre più difficile battersi per il giusto perché, in ogni settore, la crisi ma anche la paventata soluzione alla crisi, non fa altro che aumentare la diseguaglianza tra le parti e sarà sempre più difficile per una piccola o media impresa partecipare ad una qualsivoglia gara di appalto a meno che non si pieghi agli scambi con i più forti.

Ma soprattutto se continuiamo a far si che le gare siano al massimo ribasso cosa rischiamo? Ad esempio il caso di cui abbiamo parlato  un lavoro di intelletto e chi ha vinto ha espresso un ribasso del 44% il che vorrà dire poca creatività probabilmente. Ma se quel 44% fosse su un appalto di opere pubbliche cosa potrebbe significare?Meno cemento, meno garanzie sul lavoro, meno ferro?

Quindi  sempre più ristretta la possibilità di una libera impresa in un libero mercato.

(pubblicato su www.malitalia.it e su www.lindro.it)