Partanna, la città di Rita Atria.
Partanna teatro di faide mafiose.
Partanna cittadina della Sicilia occidentale, la patria della mafia “dura e pura”, quella di Matteo Messina Denaro.
Qui la notte del 29 ottobre del 2008 una macchina prende fuoco. Un uomo e una donna, guardano , dalla finestra, la loro auto in fiamme. Sono terrorizzati, abbracciati. Hanno chiamato i vigili ma devono arrivare da Mazara del Vallo e ci vorrà tempo. E allora l’uomo prende un sifone dell’acqua e prova a spegnere l’incendio dall’alto. Quell’uomo si chiama Nicola fa l’insegnante elementare da 20 anni a Castelvetrano. Ha una moglie, una bimba di tre anni ed un’altra in arrivo. “ Sono circondato dalle donne” dice Nicola e gli sorridono gli occhi. La notte del 29 ottobre ha scelto definitivamente da che parte stare. Se mai avesse avuto un dubbio quella notte è sparito. Ha scelto la legalità ed ha scelto la sua terra.
Quella notte rimarrà nella sua memoria perché proprio quel giorno nasce “il Consorzio di Tutela Valli Belicine”. Alla riunione di sottoscrizione erano stati invitati 70 aziende se ne presentano 150 e da allora sempre di più hanno deciso di non voler più sottostare al giogo mafioso ed hanno scelto di essere liberi da chi acquistare le sementi, da chi acquistare il concime o le bottiglie. Si sono “ribellati” in 243 che oggi producono olio ma anche vino, che hanno in mente di trasformare il triangolo tra Partanna, Palermo Agrigento ( in tutto 12 comuni) in un esercito culturale che parli non solo agli agricoltori ma a tutti. Nicola dice che la prima grande vittoria di questo consorzio non è stata quella di guadagnare ma di risparmiare perché acquistando in comune hanno ridotto i costi del 40% potendo così vendere il loro prodotto ad un prezzo adeguato. “Sempre superiore ai 3 euro a cui si vendeva prima l’olio” dice Nicola ”perché una delle prime cose che abbiamo subito denunciato è il fatto che quel prezzo si otteneva solo con la mano d’opera in nero, con le truffe, con lo sfruttamento”. Nicola parla come un fiume in piena: del suo territorio, della identità, di Selinunte e dei reperti archeologici che raccontano di come l’olio è stato sempre alla base dell’economia di questo lembo di Sicilia “qui l’economia legale – continua- è sparita per troppo tempo e ha lasciato il posto al malaffare. Qui non si poteva vendere l’olio o il vino se non passavi per il sensale. Noi abbiamo dimostrato che possiamo vendere, e acquistare, anche senza di loro. Su internet si trova tutto. Puoi scrivere in Francia e farti mandare le bottiglie e i tappi che ti servono senza pagare sensalie e a prezzi migliori. Eppoi io scrivo a tutti, magari con il mio francese scolastico ma scrivo a tutti”.
Ed infatti ha scritto al Presidente del Consorzio del Saint Emilion per parlargli della sua terra , del suo “terroir” . Ha convinto un tedesco a diventare suo socio. Vuole far adottare le piante di olivo. E chiama tutti, parla con tutti. Adesso si devono assolutamente vendere i 14mila litri di olio che rimangono perché “ dobbiamo dare i soldi in mano ai nostri soci. Così saranno ancora più convinti che si può fare”. Le resistenze,in questo territorio, sono tante: quando gli hanno incendiato la macchina non ha avuto solidarietà da nessuno. “Se tu sorvoli questo triangolo e fai una foto dall’alto hai anche l’immagine antropologica dei luoghi. Rustici non finiti, erbacce. Noi vogliamo che si veda la differenza tra il nostro terreno e quello degli altri. Dobbiamo averne cura. Anche il terreno ci deve distinguere, ci deve essere un segno preciso. E poi lo dobbiamo trattare bene il nostro ambiente perché è il nostro futuro”.
E così il consorzio segue regole precise: le olive vanno molite appena raccolte,nello stesso frantoio ( a due fasi), sempre nelle ore notturne e l’olio prodotto è stoccato in unico silos. Si coltiva solo “Nocellara del Belice” e Nicola è fiero che il loro olio è stato usato da due grandi chef per un loro dolce “ non ci potevo credere, come era buono!”. Pensano anche alla fitodepurazione ma anche un turismo “sostenibile”. E il Consorzio non vuole fermarsi, anche se magari qualche socio andrà via, vuole fare di più. E superare i confini del triangolo Partanna, Palermo, Agrigento. Certo le difficoltà degli ultimi due anni sono state tante e Nicola dice che se non ci fosse stato il sostegno delle forze di polizia si sarebbero forse arresi perché, come ha scritto al Ministro Maroni, “ in questi luoghi la società pseudo civile ti lascia solo e il don di turno ha ancora il suo peso. Ecco perché la mafia culturale è la più pericolosa e bisogna fissare nel territorio sociale il volto umano e amicale della Giustizia.”. A marzo 2010 l’operazione Golem II ha portato in carcere 18 persone della rete più stretta del boss Matteo Messina Denaro tra cui il fratello Salvatore. Proprio in questa occasione Nicola stringe un’amicizia, forte e vera, con gli uomini della Squadra Mobile di Trapani e di loro dice “ sono state le parole di questi uomini, e del loro capo il dott. Linares, che ci hanno dato il coraggio di continuare. Non ci hanno fatti sentire soli. Perché il pericolo maggiore è proprio quello di sentirsi soli e abbandonati, di essere considerati degli invalidi da lasciare indietro”.
E adesso l’olio del Consorzio è sbarcato a Venezia alla Mostra del Cinema, con l’aiuto della Sicilia Film Commission – Addiopizzo e Libero Futuro – a dimostrazione che, volendo, partendo da una bottiglia di olio si può cambiare la vita di una società intera. Come dice Don Luigi Ciotti la mafia si batte con le politiche sociali e con il lavoro e Nicola ricorda che “ questo anno a Partanna mancano 10 milioni di euro per la crisi dei prezzi agricoli e il Consorzio dimostra che uniti si può fare fronte anche a situazioni come questa”. Luigi Enaudi diceva che “la libertà economica permette la libertà politica” ed essere liberi economicamente vuol dire anche non dover sottostare al “don” di turno.
(pubblicato su www.malitalia.it e su www.strozzatecitutti.info il 7 settembre 2010)